Sentenza n. 485 del 1992

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SENTENZA N. 485

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;

Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 2, primo e secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari) promosso con ordinanza emessa il 1° aprile 1992 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Ottani Angelo, ed altri, e l'I.N.P.S., iscritta al n. 385 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1992;

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.S.;

Udito nell'udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio civile promosso contro l'INPS da Angelo Ottani congiuntamente con i suoi nipoti ex fratre Alberto e Stefano Ottani per fare accertare che i secondi, in quanto partecipanti all'impresa del primo, ai sensi dell'art. 230- bis cod. civ., hanno diritto all'iscrizione negli elenchi dei familiari coadiuvanti e conseguentemente all'iscrizione all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, il Pretore di Bologna, con ordinanza del 1° aprile 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo e secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463, "nella parte in cui non comprende nell'obbligo dell'assicurazione per i familiari coadiuvanti che lavorino abitualmente e prevalentemente nell'azienda e che non siano compresi nell'obbligo assicurativo stesso per altri titoli, i nipoti in linea indiretta partecipanti all'impresa familiare".

Ad avviso del giudice remittente, la norma impugnata viola gli artt. 3 e 38, seconda comma, Cost. perché, "ai fini dell'assicurazione obbligatoria come coadiuvanti", prevede "un differente trattamento tra i parenti di terzo grado, quali sono i nipoti ex filio e i nipoti ex fratre che collaborino nell'impresa familiare dell'artigiano".

  1. - Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito l'INPS chiedendo una declaratoria di inammissibilità della questione. Il giudizio a quo - osserva l'Istituto - è sorto in conseguenza della delibera 26 luglio 1989 con cui la Commissione provinciale per l'artigianato ha annullato l'iscrizione dei due nipoti negli elenchi degli artigiani coadiuvanti assoggettati all'assicurazione obbligatoria, di guisa che la legittimazione passiva all'azione di accertamento del diritto degli istanti all'iscrizione nei detti elenchi non spetta all'INPS, bensì all'Amministrazione dell'industria, commercio e artigianato. Nel valutare la rilevanza dell'incidente di costituzionalità il Pretore avrebbe dovuto esaminare questa eccezione, ritualmente proposta dall'INPS.

Considerato in diritto

  1. - Dal Pretore di Bologna è sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo e secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463, "nella parte in cui non comprende nell'obbligo dell'assicurazione per i familiari coadiuvanti che lavorino abitualmente e prevalentemente nell'azienda e che non siano compresi nell'obbligo assicurativo stesso per altri titoli, i nipoti in linea indiretta partecipanti all'impresa familiare".
  2. - In relazione al primo comma dell'art. 2 della legge n. 463 del 1959 la questione non è giustificata, e pertanto va dichiarata inammissibile.
  3. - In relazione al secondo comma la questione sarebbe, secondo l'INPS, inammissibile perché, traendo origine da un provvedimento della Commissione provinciale per l'artigianato, al quale l'INPS è del tutto estraneo, legittimata passiva all'azione esercitata dai ricorrenti sarebbe esclusivamente l'Amministrazione dell'industria, commercio e artigianato.

L'eccezione non può essere accolta. La legittimazione a stare nel giudizio principale è materia attinente al merito, sul quale solo competente a decidere è il giudice a quo.

  1. - La questione è fondata.

Nella legge impugnata, che estende l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti agli artigiani e ai loro familiari, la limitazione della tutela assicurativa dei secondi al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti e ai fratelli e alle sorelle, si spiega perché, prima della riforma del diritto di famiglia, il lavoro dei familiari si presumeva prestato benevolentiae vel affectionis causa, a meno che fosse provata l'esistenza di un rapporto contrattuale di lavoro o associativo. Per i parenti tale presunzione era ragionevole solo nell'ambito dei gradi prossimi di parentela testé indicati, e corrispondentemente solo entro questo limite era giustificata la deroga, in favore dei familiari coadiuvanti, al principio che l'assicurazione obbligatoria presuppone un titolo giuridico formato da un rapporto contrattuale di lavoro (lato sensu) o, per il lavoro autonomo, da una specifica qualità professionale.

Il limite ha perduto l'originaria giustificazione dopo l'introduzione, con la Novella del 1975, dell'istituto regolato dall'art. 230- bis del codice civile, costitutivo di un nuovo titolo (residuale) di qualificazione giuridica del lavoro subordinato prestato in un'impresa familiare, intendendosi per tale quella in cui col titolare "collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo". Pertanto la norma previdenziale impugnata, nella parte in cui esclude i nipoti ex fratre dalla tutela dell'assicurazione obbligatoria, viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e insieme l'art. 38, secondo comma, Cost., non per la ragione specifica addotta nell'ordinanza di rimessione, che assume a termine di comparazione il trattamento dei nipoti ex filio (errando nel computo del loro grado di parentela), bensì per una ragione più generale inerente alla qualità di parenti di terzo grado dei nipoti ex fratre. Tale qualità li legittima a partecipare all'impresa familiare non solo con tutti i diritti previsti dal codice civile, ma anche con i medesimi diritti previdenziali, in particolare i diritti previsti dalla legge n. 463 del 1959, atteso che il lavoro tutelato dall'art. 36 Cost., implicitamente richiamato dall'art. 230-bis, primo comma, cod. civ., rientra in ogni caso nell'ambito normativo dell'art. 38, secondo comma, Cost.

  1. - Poiché la ratio decidendi che fonda la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata non è limitata ai nipoti ex fratre, ai quali soltanto fa riferimento il dispositivo dell'ordinanza di rimessione, ma investe tutti gli altri familiari che, pur compresi nella definizione dell'art. 230-bis, terzo comma, cod.civ., sono esclusi dall'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la Corte ritiene, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di estendere la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463, alla parte in cui non considera familiari, agli effetti del comma precedente, i parenti entro il terzo grado diversi dai figli di fratelli o sorelle del titolare dell'impresa, nonché gli affini entro il secondo grado.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l'illegittimità costituzionale dello art. 2, secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), nella parte in cui non considera familiari agli effetti del comma precedente i figli di fratelli o sorelle del titolare dell'impresa;

In applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463, nella parte in cui non considera familiari agli effetti del comma precedente i parenti di terzo grado diversi dai figli di fratelli o sorelle del titolare dell'impresa, nonché gli affini entro il secondo grado;

Dichiara inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, della legge citata, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., dal Pretore di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.

Il Presidente: CASAVOLA

Il redattore: MENGONI

Il cancelliere: DI PAOLA

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.

Il direttore della cancelleria: DI PAOLA